Il Grande Concerto

O della nascita di Eudopia


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Esisteva l'Uno, Primo e Secondo, che su Gaia era acclamato Joshua, ma in Eudopia è chiamato Abàtar; ed egli creò i Cédar, gli Dei, germi del suo pensiero, ed essi erano con lui prima che ogni altro fosse creato. Egli parlò loro in note musicali; ed essi cantarono al suo cospetto, ed egli fu felice. A lungo cantarono, e ogni melodia componeva un nuovo accordo con Abàtar, e una comprensione più profonda permeava i Cédar, e s'accrescevano l'unisono e l'armonia.

E accadde che Abàtar disse: «Ho composto musica per voi, un possente spartito, e voglio che adesso voi facciate, in complesso, una Grande Melodia. E voglio che in essa depositiate i vostri talenti, di cui v'ho fatto dono, ciascuno con i propri pensieri e artifici, dove lo desideri.»

Allora la voce dei Cédar, quasi con arpe e liuti e trombe, e viole e violoncelli, e pianole e organi, quasi con chitarre e bassi e contrabbassi, e xilofoni e triangoli, e innumerevoli cori che cantassero, prese a plasmare il tema di Abàtar; e si levò un suono di melodie infinitamente armoniche, che trascendevano l'udibile in profondità e larghezza, e i luoghi della dimora di Abàtar ne erano riempiti a traboccarne, e la musica si spandeva nel Vuoto, ed esso non era vacuo.

Ora però Abàtar sedeva ad ascoltare, e a lungo gli parve che andasse bene, perché nella musica non v'erano pecche, ed essa riempiva il Vuoto di gioia. Ma più l'armonia saliva verso confini imperscrutabili, maggiore era l'assenza che cresceva nel suo pensiero. Dunque nel bel mezzo dell'opera, Abàtar si alzò, e il suo volto era maestoso a vedersi. Ed egli sollevò entrambe le mani e con un unico accordo, più profondo dell'Abisso, più alto del Firmamento, la Melodia cessò.

Poi Abàtar parlò e disse: «Potenti sono i Cédar, ma questo essi devono sapere: che io sono Abàtar, e le cose che avete cantato io le esibirò sì che voi vediate ciò che avete fatto, e orecchio possa udire la possente opera della vostra musica.» Questo disse Abàtar, poi si levò in splendore e se ne andò dalle belle regioni che aveva creato per i Cédar; e i Cédar lo seguirono.

Ma giunti che furono nel Vuoto, così Abàtar parlò: «Guardate la dimora della vostra Melodia!» Ed egli mostrò loro una visione, conferendo ai Cédar vista là dove prima era solo udito; ed essi scorsero un nuovo Mondo reso visibile al loro cospetto, e il Mondo era sferico in mezzo al Vuoto, e in esso sospeso, ma non ne era parte. E mentre guardavano e si meravigliavano, quel Mondo prese a svolgere la propria vicenda, e sembrò loro che vivesse e crescesse. E quando i Cédar ebbero contemplato a lungo e in silenzio, Abàtar tornò a dire: «Ecco la dimora della vostra Melodia, dove il vostro canto converge e detona; e ognuno di voi troverà quivi contenute tutte quelle cose che apparentemente egli stesso ha concepito o aggiunto. E sempre qui troverà i miei Figli, che di tali cose si nutriranno. E ascolteranno la Melodia così che i Cédar possano sentire attraverso essi le meraviglie della loro voce.»

Ora, i Figli di Abàtar sono gli Uomini, i Primigeni e i Seguenti, e tutte le creature sul Mondo, che essi chiamano Gaia. E questa dimora può sembrare ben poca cosa a coloro che vedano soltanto la maestà dei Cédar, e non anche la loro terribile acutezza; come accade a colui che consideri soltanto l'incommensurabile vastità del Mondo che tuttora i Cédar stanno plasmando, e non anche la minuziosa precisione con cui formano tutte le cose in esso. Ma quando i Cédar ebbero contemplato codesta dimora in visione ed ebbero visto i Figli di Abàtar sorgervi, ecco che molti dei più possenti tra loro indirizzarono tutti i propri pensieri e desideri verso quel luogo.

E Abàtar disse: «Esso è per voi, perché con la vostra Melodia possiate plasmarlo, ed educare i miei Figli, che sono anche vostri.»

Avvenne allora che i Cédar scesero su Gaia e incontrarono i Primigeni, i quali diedero loro nomi di acqua, di vento e di fuoco; ed essi interpretarono per gli Uomini, in celestiali concerti, la Grande Melodia di Abàtar, diffondendone il verbo e l'armonia. E gli Uomini ascoltavano e apprendevano, e crescevano in consapevolezza della propria identità, e di quella dei Cédar, e della Melodia di Abàtar.

Innumerevoli da allora furono i concerti, e ogni volta la Musica cresceva, insieme a Gaia e agli Uomini. Ma, col progredire del tema, nel cuore di Babuz, il più grande e amato da Abàtar, sorse l'idea di inserire trovate frutto della propria immaginazione, che non erano in accordo con il tema di Abàtar, ed egli con ciò intendeva accrescere la potenza e la gloria della parte assegnatagli, a dispetto degli altri Cédar.

E questi pensieri divennero la sua musica, e attorno a lui subito fu discordanza, e molti che vicino a lui cantavano si scoraggiarono, il loro pensiero fu deviato, la loro musica si fece incerta; altri però presero a intonare la propria a quella di Babuz, anziché al pensiero di Abàtar. Allora la dissonanza di Babuz si diffuse vieppiù, e le note che prima s'erano udite naufragarono in un mare di suoni turbolenti. E gli Uomini ne crebbero confusi, in dubbio su chi fosse l'autore dello spartito, se Abàtar o Babuz; e tra questi molti furono soggiogati dai pensieri di Babuz, e ne vennero rapiti fino a riconoscerne supremazia sulla Grande Melodia.

E allora scese su Gaia Abàtar, e parlò con voce di tuono: «Le grandezze di ciò che avete cantato sono avanti ai vostri occhi, sotto i vostri piedi, dentro i vostri cuori. Esse sono la Grande Melodia e tu, Babuz, t'avvedrai che nessun tema può essere eseguito, che non abbia la sua più remota fonte in me, e che nessuno può alterare la musica a mio dispetto. Poiché colui che vi si provi non farà che comprovare di essere mio strumento.»

Ma Babuz era ormai colmo di sé e della sua dissonanza, e osò rispondere ad Abàtar: «Tu ci hai dato le note, gli accordi, la musica, però ci neghi la libertà di usarli secondo il nostro talento; tu ci leghi a doppio nodo con il tuo tema per usarci e tenerci schiavi. Ma io preferisco cantare solo e libero piuttosto che prigioniero nel tuo coro.»

E quando ebbe finito se ne andò; e le sue parole parvero tanto ispirate che altri Cédar lo seguirono, senza riconoscere in lui il desiderio di assoggettare alla propria volontà gli Uomini, invidioso com'era dei doni di cui Abàtar prometteva di dotarli. Perché egli desiderava avere a sua volta soggetti e schiavi, ed essere chiamato Signore, ed esercitare dominio su volontà altrui.

Accadde quindi che Babuz, accompagnato dai Cédar che avevano seguito la sua dissonanza, suonasse su Gaia una seconda melodia, feroce, violenta, tumultuosa, capace di distruggere le meraviglie cantate dal coro di Abàtar. Ma se il maggior numero di Uomini rifuggiva tali accordi, alcuni tra essi ne rimasero affascinati, e venerarono Babuz e la sua melodia, rincorrendo il suo peregrinare su Gaia per ascoltarne ancora.

Fu così che Babuz ebbe la sua schiera di schiavi a seguirlo in ogni concerto, e lui era padrone assoluto delle sue note, e mentre intonava le sue discordanze, tutti lo acclamavano come Signore; ed essi erano sempre più numerosi, denigrati con il nome di Orchi dagli altri Uomini, ma adulati con la gloria della supremazia che Babuz intonava nei suoi accordi. E i concerti si fecero sempre più numerosi, e ogni volta lasciavano sulla terra distruzione e immondi resti.

In tutto questo gli altri Cédar non smettevano di portare gloria al tema di Abàtar, e cantavano cori e concerti, vasti e di grandiosa portata. Ma per quanto la schiera di Babuz restasse minore in numero, era possente il rumore che essa produceva, e l'immondizia creata dalle loro congreghe. E con grande frustrazione i Cédar guardavano il germe di Babuz crescere e offuscare Gaia, e tutta la loro musica pareva inutile sottofondo.

Fu così che il Cédar chiamato Pöson dagli Uomini, lui che aveva volto il proprio pensiero all'acqua, e più a fondo di tutti fu istruito in musica da Abàtar, intonò una variazione del tema, nel desiderio di ripulire Gaia dal lercio passaggio di Babuz. E le acque, ascoltando le note del suo coro, si alzarono gloriose e impetuose in correnti che parevano fiumi, e tutta Gaia ne fu sommersa fino a quando l'immondizia figlia dell'odio non fu spazzata via.

Ne gioì Pöson insieme a tutti i grandi Cédar; ma fu vittoria mendace, poiché profondamente radicato era il germe di Babuz, e i rifiuti navigarono i fiumi di corrente senza esserne distrutti, e a questi altri se ne aggiunsero poiché i concerti di Babuz non si placavano e gli Orchi provavano piacere ad abbandonare i propri immondi resti tra le acque. E seguendo i flutti, tutta in un solo luogo confluiva l'immondizia, là dove era l'origine delle acque stesse, fino a formare un possente agglomerato.

Esso cresceva ad ogni nuovo concerto, e non solo, poiché anche i Figli di Abàtar che ammiravano la Grande Melodia stavano lentamente cedendo all'incuria, abbandonando i propri resti nelle acqua di Pöson. E con esso anche la forza del tema di Babuz si faceva più cruenta e travolgente, e le schiere di Orchi sempre più numerose.

E quando il cumulo d'immondizia galleggiante sull'Oceano di Pöson si fece imponente quanto un continente emerso, Babuz se ne impossessò come di cosa sua, e ne fece la casa della sua melodia, e dei suoi schiavi, e con un imponente concerto ne dichiarò proibiti i confini a coloro che ascoltassero il tema di Abàtar.

Ecco allora che Abàtar, rimasto sino a quel frangente in ascolto, avendo fede che le melodie di tutti i Cédar ritrovassero accordo e salvassero Babuz dall'odio, scese per la seconda volta su Gaia e così parlò ai Cédar: «Ho composto per voi un nuovo spartito, un tema ancora più imponente in cui ritroverete le maestosità dell'Infinito e dell'Assoluto. Cantate per me e i miei Figli queste note, come cantaste nella notte dove il Tempo ancora non era.»

E i Cédar diedero corpo al Grande Concerto, con voci di mille arpe e mille liuti, e mille cornamuse e mille fagotti, e mille violini e mille clavicembali, e mille tamburelli, e mille cori che cantassero; e si levò un'armonia di melodie infinite, trascendenti lo spazio e il tempo, che Gaia ne traboccò fino oltre il Vuoto in cui galleggiava. Allora Babuz innalzò un controcanto, perché tremava la sua terra al cospetto dell'immensa melodia, e osò contrastare il Grande Concerto con rumori violenti e cacofonici.

Fu allora che Abàtar stesso si unì alle voci dei Cédar, e le armoniche del Grande Concerto raggiunsero vette che parola scritta non può delineare; e il ventre di Gaia si squarciò per inghiottire Babuz e tutti i traditori che avevano cantato con lui, per poi ricucirsi più saldo di prima e metterli finalmente a tacere; e l'immonda terra, cumulo delle nefandezze di Babuz, venne ricoperta da manto fertile, e crebbe sulle note di Abàtar, rigogliosa e melodiosa diventando vero continente; e anche gli Orchi piansero e si inginocchiarono di fronte a tanta meraviglia e al potere glorioso del tema di Abàtar.

Infine, quando il Grande Concerto fu terminato, Abàtar disse: «Oggi ho cantato con voi il mio secondo tema, che è con il primo, e più grande e maestoso, perché esso ha cancellato le dissonanze e creato la vita dalla non vita. E questa nuova terra è simbolo imperituro del potere dell'armonia, ed essa sarà la dimora in Gaia dei Cédar, e di tutti i miei Figli che vorranno abitarla, anche coloro che si erano perduti.»

Tutti i Cédar accolsero con canti e musiche le parole di Abàtar, e anche gli Uomini abbracciarono i loro fratelli Orchi, felici di averli ritrovati. E tra di essi i più armoniosi scelsero di abitare con i Cédar il nuovo continente, e lo chiamarono Eudopia, che significa Grande Dimora degli Dei.

E Abàtar, che aveva pensato tutto questo, lo ascoltò e ne fu felice.


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ux il bardo